C’è chi voleva il bipolarismo. Qualche folle voleva addirittura il bipartitismo. Dopo 23 anni non c’è nessuno dei due. La destra è frammentata, ma la sinistra non sta meglio. Almeno quest’ultima ha una grande organizzazione, il Partito Democratico, che sostiene le politiche delle socialdemocrazie internazionali. Di là, tanti partiti, o movimenti, nessuno che supera il 15% e nessuno che ha una identità precisa. E poi l’incognito, ovvero nessuna collocazione politica precisa, per un movimento autoritario e centralista come i 5 Stelle. Insomma dalla ricerca della semplificazione alla creazione del caos, peggio della prima Repubblica, a causa di politicanti capaci di tessere interessi contingenti ma non di pianificare il futuro.
Qualche considerazione su ciò che mi interessa: la sinistra italiana. Qui la solita scomposizione. Prima, oltre al PD, solo SeL e pochi altri Partiti vicini all’1% come il Psi o i Radicali. Adesso, quelli a cui non piaceva Renzi, si sono sbizzarriti e hanno fondato SI, Sinistra Italiana, che vale meno del 3% e Possibile che, per essere generosi, quotiamo anch’esso intorno al 3%. Se poi a questo ci aggiungiamo qualche Verde e pochi veterocomunisti con il loro 2% siamo al completo.
Perché questo? Perché non abbiamo una cultura bipartitica e quella bipolare stenta a crescere. Perché la frammentazione è stata sempre un valore di diversità e diversificazione nel nostro Paese e non un problema per la governabilità. Infine perché a sinistra più che a destra ci sono troppi capetti, piccoli leader senza seguito, generali senza truppe: esibizionisti della politica.
Per fare un grande partito è necessario seguire democrazia interna e scelte di maggioranza. Voler lavorare da dentro, dibattere, discutere, per convincere e cambiare le cose. E non uscire perché il leader regolarmente eletto non ci sta bene.
Ma in Italia questo è complicato.
Nessun commento:
Posta un commento