martedì 21 settembre 2010

RIFORMISMO = POLITICA del FARE

Leggo con interesse l'editoriale di Panebianco sul Corriere della Sera del 18 settembre scorso. Concordo con quanto scrive riguardo al PD, alla sua inesistente vocazione maggioritaria, alla confusione che ha nelle proposte, alla sua debolezza, insomma alla sua inesistenza. Concordo anche sul fatto che il primo partito di opposizione dovrebbe chiedere a gran voce le elezioni invece che aggrapparsi a governicchi tecnici inutili. E questo lo dice già Panebianco.Tutto vero tranne quando scrive: "C’è qualcosa di drammatico, ..., nel fatto che tutti i tentativi di costruire grandi forze «riformiste» falliscano in Italia. L’operazione non riuscì negli anni Sessanta dello scorso secolo con l’unificazione socialista. Poi non riuscì a Craxi."  Ecco l'errore. A Rimini prima nel 1982 e poi nel 1987 Craxi lancia la più grande sfida riformista mai tentata al Paese. Si batte con forza per improntare una politica del fare e non del chiaccherare. Arrivano i successi della scala mobile, gli accordi con il vaticano, le battaglie contro l'evasione, la riduzione dell'inflazione, le leggi sulla TV, la politica di integrazione europea, la battaglia per la pace in Palestina fino alla grande riforma delle istituzioni che non ha potuto portare a termine per le tristi vicende di Mani Pulite. Mi dispiace Panebianco, nonostante io per età non abbia vissuto direttamente quegli anni, lei sbaglia a dire che il riformismo in Italia ha sempre perso. Con la politica del fare, con le idee chiare, con la modernità  vince. Con Craxi vinse. Con il PD no anche per quello che lei scrive; e un po' per Walteruccio nostro.

Nessun commento:

Posta un commento